La mia pelle respira

Interazione dell’ossigeno con medicazioni avanzate nel processo di guarigione delle lesioni cutanee

Alessandra Vernacchia
Infermiere Forense e Legale specializzato in Wound Care

Attraverso la respirazione cutanea la nostra pelle è in grado di assorbire ossigeno dall’ambiente esterno, coadiuvando anche se in un ruolo necessariamente secondario (solo il 4%) l’apparato respiratorio.(11)

Facciamo una riflessione su questa importante funzione che è l’attività respiratoria della cute.

E’ noto fin dal 1851 (Gerlach) che l’Ossigeno atmosferico viene assorbito dall’epidermide umana e che per gli strati più superficiali risulta essere più importante l’ossigeno esterno di quello che viene veicolato nel torrente ematico.(12) Il professor Markus Stücker della Università della Ruhr a Bochum (Germania), ha dimostrato che lo strato cutaneo spesso da 0,25 a 0,4 millimetri della nostra cute assorbe l’ossigeno direttamente dall’aria ambiente. Questa zona comprende l’intero strato più esterno di epidermide e parte dello strato sottostante, dove si trovano le ghiandole sudorifere e i follicoli piliferi.(10) La scoperta descritta in un articolo pubblicato sulla rivista “Journal of Physiology”, sta modificando l’approccio alla cura di molte malattie della pelle.(10)

L’80% della funzione del microcircolo cutaneo è deputato alla termoregolazione del nostro corpo, mentre il restante 20% ha il compito di rifornire di nutrienti il nostro organismo. Il tutto avviene tramite una fitta rete di capillari distinti in arteriole, venule e le varie anastomosi aterovenose che costituiscono l’unità microcircolatoria.(13)

La richiesta di ossigeno è parzialmente soddisfatta dal torrente ematico.

Il derma presenta una vascolarizzazione che è disposta in due livelli paralleli alla superficie della pelle. Dal plesso fasciale le arteriole salgono attraverso il derma percorrendo l’ipoderma a livello dei setti connettivali. Una volta raggiunto il derma, le arteriole si dividono in rami che decorrono parallelamente alla superficie cutanea e creano anastomosi formando il plesso cutaneo profondo. Da questo plesso si staccano i rami che vanno ad irrorare i glomeruli sudoripari, i follicoli piliferi e le arteriole che giunte al livello delle papille dermiche si ramificano e formano il plesso subpapillare superficiale. I vasi terminali penetrano nelle papille dermiche e danno origine alle anse capillari che giungono nelle vicinanze dell’epidermide.(14) (Braverman, 1989).

L’epidermide che non ha vascolarizzazione è esposta direttamente all’atmosfera. E’ dimostrato che qualora ci siano delle interruzioni di flusso nei capillari, l’apporto di ossigeno nei tessuti viene compensato dall’ossigeno assorbito per via cutanea(12) ad indicare che in condizioni normali gli strati superiori della pelle vengono riforniti esclusivamente dalla diffusione di ossigeno presente nell’atmosfera.(12)

Il trasporto di Ossigeno nel sangue avviene attraverso una proteina denominata Emoglobina, a sua volta influenzata dalla presenza di Ioni Ferro che regolano i legami di ossigeno ed il relativo rilascio.

Le alterazioni che possono compromettere il trasporto di O2 nei vari distretti corporei sono:

  • patologiche mutazioni dell’emoglobina (anemia falciforme, emolisi, talassemia),
  • temperatura corporea,
  • valore del pH,
  • quantità di pCO2 e 2-3 DPG (sintetizzato nei globuli rossi).

Le alterazioni nella diffusione di ossigeno nei tessuti dipende:

  • dal contenuto di O2 nel sangue arterioso,
  • dalla riduzione del flusso ematico
  • dalla richiesta di O2 da parte dei tessuti stessi.

Mentre la respirazione transcutanea è semplicemente temperatura dipendente, aumenta all’aumentare della temperatura e la permeabilità all’ossigeno del tessuto è fortemente subordinata al contenuto di acqua (Vaupel,1976).

In questi ultimi anni è aumentata l’attenzione del ruolo dell’ossigeno in medicina estetica con trattamenti a base di O2 ad elevata concentrazione, frutto dello studio di un gruppo di ricerca statunitense. Con i loro studi sono stati in grado di impiegare in modo rivoluzionario ossigeno puro per detossinare, nutrire e rivitalizzare le cellule della pelle. La propulsione di ossigeno permette di riattivare la produzione di fibre elastiche, collagene e acido ialuronico ed il suo utilizzo interviene in modo mirato ed efficace su cicatrici, accumuli adiposi, smagliature, mancanza di tono e cellulite.

L’ossigeno è un elemento chiave in molti processi. E’ importante perché regola il metabolismo cellulare, regola i meccanismi di difesa dell’ospite e regola le vie di trasduzione del segnale e delle funzioni cellulari. E altrettanto provato che le ferite ipossiche sono ostacolate nel processo di riparazione. Per soddisfare la domanda di energia giornaliera necessaria per il metabolismo cellulare, il nostro corpo utilizza l’Ossigeno molecolare (O2(2) ed il consumo varia da cellula a cellula in base allo stato biologico della stessa. Infatti alcune cellule possono consumare più del 10% del totale di ossigeno che viene utilizzato per tutto il corpo.

La maggior parte dell’O2 impiegato dai mitocondri diviene acqua, ma una piccola frazione viene convertita in superossido, una specie di ossigeno reattivo (ROS) che può provocare un danno cellulare. Il ROS (Reactive Oygen Species) è un composto dell’ossigeno ad elevata attività ossidante e con una spiccata tendenza a donare atomi di ossigeno ad altre sostanze per la maggior parte radicali liberi centrati sull’ossigeno. Questi radicali liberi se non vengono inattivati dai sistemi antiossidanti, con la loro vivace reattività chimica possono danneggiare le macromolecole cellulari accrescendo il rischio di lesioni degenerative tissutali.(3)

Nei tessuti danneggiati la domanda di ossigeno e il suo utilizzo aumenta notevolmente, pertanto poiché l’O2 non è immagazzinato a livello cellulare, una adeguata fornitura dello stesso diventa fondamentale nel processo di riparazione.

Nel paziente scarsamente vascolarizzato la diminuzione della concentrazione di diffusione di ossigeno nei tessuti è inversamente proporzionale al quadrato della distanza di diffusione, oltre che dalla grandezza del vaso che fornisce il tessuto e dal gradiente di ossigeno. Di base la pO2 (pressione parziale di ossigeno) nei vasi arteriosi è un valore espresso in mmHg che varia da 100 ad 80 (95mmHg di media) e che diminuisce all’aumentare dell’età. Mentre la pO2 venosa si attesta intorno ai 40 mmgh con un volume di O2 pari a 15-16ml/h. Ad una distanza di soli 40 mm dal vaso sanguigno, la pO2 scende al di sotto di 10 mmhg, fino ad arrivare anche a 5 mmhg.(4)

L’apporto di ossigeno nei tessuti lesi da parte dei vasi viene drasticamente ridotto a queste distanze a causa dell’alterazione del flusso ematico, provocando una compromissione della sintesi energetica e l’esaurimento di ATP (nucleotide composto da tre parti, uno zucchero, una base azotata e tre gruppi fosfato) che viene utilizzato dal nostro corpo durante l’attività muscolare, la conduzione di impulsi nervosi, il trasporto cellulare attivo, la biosintesi e la bioluminescenza.(1)

Una divisione cellulare di fibroblasti normalmente necessita di almeno 15 mmHg di pO2. Ma al di sotto 20 mmHg di pO2 abbiamo una riduzione radicale del ph nel letto di ferita.(4) La carenza prolungata di ossigeno e la relativa limitata disponibilità di ATP impedisce l’efficacia della sintesi cellulare quindi la riparazione ed il turnover di macromolecole essenziali quali proteine, DNA ed RNA. Tutto questo comporta la morte cellulare e relativa necrosi dei tessuti. La ricostruzione del tessuto connettivo è influenzata dalla quantità di ossigeno che viene consumato durante la fase di maturazione delle fibre collagene e dalla proliferazione dei fibroblasti. (17)

Per evitare tali manifestazioni, l’aumento dell’erogazione di ossigeno viene indicato per migliorare il processo di guarigione e di riparazione tessutale.(5)

L’ossigenazione delle ferite dipende da diversi fattori come la perfusione sanguigna del tessuto, le condizioni di dissociazione di ossiemoglobina e dal consumo locale di ossigeno da parte dei tessuti lesi.

L’ipossia è una condizione patologica determinata da una carenza di ossigeno nell’intero organismo o in una sua regione (ipossia tessutale). Possiamo riconoscere:

  • l’ipossia anemica se manca il trasportatore dell’ossigeno
  • L’ipossia ischemica se c’è un mancato apporto di sangue, un esempio è l’aterosclerosi.

Se invece il paziente presenta un basso contenuto di ossigeno nel sangue, parleremo di Ipossiemia.

La misurazione della tensione di ossigeno nel tessuto in fase di riparazione dimostra di essere tendenzialmente ipossico e che i livelli più bassi si riscontrano nella porzione centrale, mentre leggermente più elevata è nel perilesionale che più si avvicina all’integrità vasale. L’ipossia ha un effetto inibitorio sulla cellularità del tessuto di granulazione, sulla secrezione di collagene da parte dei fibroblasti con conseguente riduzione delle proprietà biomeccaniche della cicatrice. L’unico processo che viene stimolato è la neoangiogenesi che resta inefficace per la mancata progressione della sequenza cicatrizzazione. Inoltre l’ipossia influisce negativamente sulla capacità di fagocitosi dei leucociti e rende conto della diminuita resistenza del tessuto ipossico all’aggressione batterica. L’ipossia può anche essere causata da una alterata diffusione dell’ossigeno da parte dei vasi per la presenza di fibrina e altre proteine intorno alle pareti dei vasi come avviene nei pazienti con insufficienza venosa cronica (oltre all’incontinenza valvolare), o a livello del microcircolo dei pazienti diabetici. I vasi del paziente diabetico hanno come elemento distintivo l’aumento della membrana basale, la riduzione dei periciti (cellule che stabilizzano la parete vasale (16) ) e la mancata perfusione dei lumi. In questo modo la neoangiogenesi di un paziente diabetico diventa difettivo sotto il profilo qualitativo.(15)

Nell’osservazione clinica si è visto che la somministrazione sovrafisiologica di ossigeno per via cutanea genera una eccessiva quantità di essudato che stimola la rapida formazione di tessuto di granulazione. La ricerca ha dimostrato che il livello di pO2 nei processi di riparazione delle ferite è molto più elevato della quantità media di 95 mmHg (dei tessuti sani). Valori di 35-65 mmHg sono misurati alla profondità di 3 – 4 mm di tessuto, Tuttavia la proliferazione dei fibroblasti avviene in maniera ottimale a 160 mmHg, cioè a livelli superiori di 2 – 3 volte rispetto a quanto trovato nei tessuti sani.(4)

L’ossigeno somministrato per via locale influisce per le sue proprietà antimicrobiche. La somministrazione diretta di O2 sul letto della lesione sembra influenzare più bersagli molecolari e tipi di cellule, ripristinando le loro funzioni ed accelerando la replicazione e migrazione dei fibroblasti. Stimola la produzione di collagene e la resistenza delle fibre stesse, stimola la neoangiogenesi, promuove la chemiotassi dei macrofagi, migliora la fagocitosi promuovendo la rimozione dei detriti cellulari e quindi rimuovendo un debridement fisiologico.(5) Paradossalmente mentre l’ipossia in un ferita acuta stimola la neoangiogenesi, l’ipossia in una ferita cronica contribuisce all’inibizione della formazione di nuovi vasi, per cui la somministrazione di ossigeno serve a ripristinare l’attività mitocondriale e la sintesi di ATP, consentendo la produzione di ROS e fornendo contemporaneamente un ruolo sostanziale nella difesa immunitaria. (6,7,8)

E’ stato dimostrato che il tasso di angiogenesi è direttamente proporzionale ai livelli di ossigeno presente nei tessuti della cute lesa, così come la sintesi del collagene e l’elasticità delle fibre migliora aumentando la presenza di ossigeno sopra i normali valori fisiologici.

Le uniche segnalazioni di tossicità di somministrazione di ossigeno per via cutanea deriva dall’uso di alte pressioni. Per cui il principio della somministrazione di ossigeno per via cutanea è quello di fornire ossigeno continuo in un letto di ferita dove le quote di ossigeno sono scarse e non disponibili in quanto non immagazzinate all’interno del corpo. In questo modo i livelli di pO2 vengono mantenuti al di sopra dei normali livelli rintracciabili nei tessuti sani. Appare quindi significativo l’apporto continuo di ossigeno in tessuti ipossici piuttosto che l’apporto intermittente e sovrafisiologico.

Le metodiche di somministrazione conosciute fino a pochi anni fa erano prevalentemente due, la Camera Iperbarica anche definita OTI e la THO alias terapia topica iperbarica. Oggi aggiungiamo l’Ossigeno topico che potremmo anche chiamare l’Ossigeno Transdermico. L’OTI somministra ossigeno al 100% per via sistemica ad alte pressioni con trattamenti giornalieri di circa 90 minuti, l’Ossigeno transdermico utilizza ossigeno locale a pressioni poco più alte della pressione atmosferica veicolando ossigeno normosferico sulla lesioni in modalità continua.

Gli effetti collaterali dell’Iperbarica sistemica riportati in letteratura comprendono alterazioni del visus, Barotrauma dell’orecchio e del seno, ma la condizione più grave se non riconosciuta è il pneumotorace. Nella popolazione anziana l’ossigeno a concentrazioni elevate somministrate per via sistemica ha effetti tossici sul corpo, compreso l’edema polmonare con una esacerbazione congestizia nell’insufficienza cardiaca e alterazione della retina.(9) Fermo restando che se un paziente ha un circolo sanguigno compromesso, l’ossigeno per via sistemica non potrebbe raggiungere in modo ottimale il tessuto ulcerato per mancanza di microcircolo.

Per questo motivo si sta ricercando una via di somministrazione differente che possa risultare vincente come la somministrazione di ossigeno topico. Sempre più evidenze e sempre maggiori studi stanno analizzando le metodiche di assorbimento transcutaneo dell’ossigeno e le sue modalità di trasmissione.

L’uso della somministrazione di ossigeno nel Wound Care è limitata da scarsa evidenza scientifica in relazione agli effetti della terapia. Solo alcuni la usano nella pratica in quanto ha presentato dei buoni risultati. (17)

 Bibliografia

1)https://www.skuola.net/biologia/cellula/atp-biologia.html



2) https://it.wikipedia.org/wiki/O2



3) http://www.treccani.it/enciclopedia/ros_%28Dizionario-di-Medicina%29/



4) Oxygen and wound care: A review of current therapeutic modalities and future directionMichael A. Howard, MD1; Reto Asmis, PhD3; Karen Kim Evans, MD4; Thomas A. Mustoe, MD2



(5) Hohn DC, MacKay RD, Halliday B, Hunt TK. Effect of O2 tension on microbicidal function of leukocytes in wounds and in vitro. Surg Forum 1976; 27: 18–20



6) Knighton DR, Hunt TK, Scheuenstuhl H, Halliday BJ, Werb Z, Banda MJ. Oxygen tension regulates the expression of angiogenesis factor by macrophages. Science 1983; 23: 1283–5.



7) Hopf HW, Gibson JJ, Angeles AP, Constant JS, Feng JJ, Rollins MD, et al. Hyperoxia and angiogenesis. Wound Repair Regen 2005; 13: 558–64



8) Sen CK, Khanna S, Babior BM, Hunt TK, Ellison EC, Roy S. Oxidant-induced vascular endothelial growth factor expression in human keratinocytes and cutaneous wound healing. J Biol Chem 2002; 277: 33284–90



9) Thom SR. Hyperbaric oxygen: its mechanisms and efficacy. Plast Reconstr Surg 2011; 127 (Suppl 1): 131S–41S



10) http://www.lescienze.it/news/2002/02/14/news/la_pelle_che_respira-589952/



11) https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/il_mondo_della_pelle



12) The cutaneous uptake of atmospheric oxygen contributes significantly to the oxygen supply of human dermis and epidermidis. M. Stücker, A. Struk , P. Altmeyer, M. Herde, H. Baumgärtl and D. W. Lübbers



13) La circolazione cutanea e la sua esplorazione - Author links open overlay panelJ.Constans



14) Dermocosmetologia. Dall'inestetismo al trattamento cosmetico Di Andrea Bovero Tecniche Nuove 2011;32-33.



15) L'Ulcera Cutanea: Approccio Multidisciplinare Alla Diagnosi Ed Al Trattamento Di M. Monti. 2000; 40



16) Il ruolo dei periciti nell’angiogenesi di Mariangela Bifulco



17)Use of oxigen teraphies in wound healing. Focus on topical and hyperbaric oxygen treatment. EWMA 2017

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