Efficacia clinica delle superfici antidecubito nella prevenzione: gli studi più recenti
Esistono, oggi, diversi tipi di superfici antidecubito che sfruttano tecnologie differenti. Tuttavia, la strada per capire quale sia effettivamente la migliore soluzione per ogni paziente è ancora lunga: professionisti sanitari e studiosi si interrogano su eventuali evidenze circa l’efficacia clinica di una superficie rispetto a un’altra, ma anche su device specifici come i sovramaterassi, per la prevenzione delle lesioni da pressione.
Quando si parla di Lesioni da Pressione?
Le lesioni da pressione (LdP) sono danni localizzati alla pelle, ai tessuti molli sottostanti (quali muscoli, tendini, ossa) o a entrambi; solitamente localizzate in corrispondenza di una prominenza ossea, le lesioni da pressione si sviluppano come conseguenza diretta di una elevata o prolungata compressione, o di forze di taglio o attrito (EPUAP/NPUAP, 2016), ma sono anche influenzate da diversi altri fattori predisponenti intrinseci al paziente stesso.
Nonostante nuove conoscenze ed evidenze in ambito scientifico abbiano posto, negli ultimi decenni, una lente di ingrandimento su questa importante problematica, tutt’oggi le lesioni da pressione impattano ancora in maniera significativa sui costi del sistema sanitario (poiché sono causa diretta di aumento della durata di degenza, aumento nell’utilizzo di medicazioni, aumento delle ore lavoro, utilizzo di risorse sanitarie, frequenti ricoveri), così come sulla qualità di vita del paziente e del caregiver (con ospedalizzazioni ripetute, limitazione delle attività di vita quotidiana, dolore, isolamento sociale, rischio di infezioni locali e sistemiche).
Il peso sul sistema sanitario è ormai evidente: una revisione sistematica del 2015 di 14 studi in una serie di contesti assistenziali in Europa e Nord America ha mostrato che i costi di trattamento correlati alle lesioni da pressione variavano tra €1,71 e €470,49 per persona al giorno (Demarré 2015).
Le superfici antidecubito: alleate preziose contro le LdP
Le superfici antidecubito sono strumenti innovativi in grado di ottimizzare il lavoro del professionista sanitario nella gestione del paziente a rischio di sviluppare lesioni da pressione, quando inseriti in un programma multidisciplinare e multi-strategico personalizzato: in commercio sono presenti tipologie specifiche di letti, sovramaterassi e materassi con diverse caratteristiche tecniche e materiali per gestire le specifiche esigenze di ogni tipologia di paziente.
Molto spesso, però, vista la varietà dei dispositivi antidecubito attualmente sul mercato e la scarsa conoscenza delle differenze di ciascuno di essi, gli operatori sanitari e i medici esperti trovano grandi difficoltà nel determinare quale sia il giusto strumento per ciascun paziente, e ciò potrebbe comportare usi impropri o inefficaci di questi preziosi device. Inoltre, la scelta è frequentemente condizionata dai costi, ecco perché è molto comune ritrovare, soprattutto in ambito extra-ospedaliero, superfici inappropriate.
Un’altra sfida importante riguarda i pazienti a rischio. È ormai noto quali siano i fattori di rischio intrinseci ed estrinseci da valutare nel paziente al fine di poterne individuare esigenze e bisogni, e sono stati sviluppati diversi strumenti che tentano di supportare l’operatore sanitario nell’identificazione del paziente a rischio. Ma quale è la migliore superficie di supporto nei pazienti a rischio? Cosa bisogna valutare in una superficie di supporto per poterla definire “efficace”?
Lo stato della letteratura in materia
È stata condotta una revisione della letteratura sulle principali banche dati e riviste specialistiche (PUBMED, CINHAL, COCHRANE, Italian Journal of Wound Care, Journal of Wound Care), mediante l’uso delle seguenti parole chiave: “bed mattress and pressure ulcer”, “overlay and pressure ulcer”, “air mattress and overlay”; la revisione aveva lo scopo di:
- comprendere quali sono le attuali indicazioni che possano orientare l’operatore sanitario nella scelta del corretto presidio antidecubito;
- valutare l’efficacia clinica delle differenti tipologie di materasso presenti in commercio, per ridurre l’incidenza di lesioni da pressione e ottimizzare la guarigione delle lesioni nei differenti setting di cura e per tutte le tipologie di pazienti;
- valutare se i sovramaterassi hanno un’efficacia clinica nella gestione del paziente a rischio di sviluppare una lesione da pressione o con lesioni già in atto;
- valutare il grado di comfort di ciascuna tipologia di presidio;
- valutare l’incidenza di eventi avversi;
- valutare il rapporto costo-efficacia.
Caratteristiche delle superfici antidecubito
Le superfici antidecubito, per essere definite tali, devono avere precise caratteristiche.
Le specifiche tecniche
Anzitutto, queste superfici devono avere specifiche tecniche tali per cui siano in grado di ridistribuire la pressione di interfaccia (pressione che si esercita tra il corpo del paziente e la superficie stessa) secondo la seguente formula
- PI = peso del paziente
- area della superficie di appoggio
I sovramaterassi possono essere costituiti o da elementi tubolari in pvc o da bolle, non in grado di immergere e avvolgere il paziente in base alla propria morfologia, e quindi non in grado di incrementare la superficie d’appoggio.
Comfort del paziente
Le superfici antidecubito devono inoltre garantire l’immersione e l’avvolgimento, al fine di aumentare l’area di contatto e allo stesso tempo prevenire l’affondamento e che il paziente tocchi il fondo (bottom out). Rilevante è la valutazione dell’altezza di una superficie: infatti, più è alta più garantisce la corretta immersione del paziente.
Le linee guida EPUAP/NPIAP/PPPIA 2019 suggeriscono che l’altezza dei sovramaterassi non debba essere inferiore ai 12 cm e dei materassi 16 cm di cella attiva; la maggior parte dei sovramaterassi in uso attualmente ha un’altezza che va dai 7 ai 10 cm.
Le superfici antidecubito devono, naturalmente, garantire il comfort del paziente, e il mantenimento di una postura stabile e corretta: i sovramaterassi presentano delle flange di ancoraggio al materasso, ma rimangono parzialmente mobili alla posturazione del paziente.
I materiali
Una buona superficie antidecubito dovrebbe essere costituita da materiale biocompatibile, anallergico, latex free, resistente agli urti e agli strappi, elastico, traspirante, termosensibile e perfettamente conformabile alla morfologia del corpo, per garantire l’avvolgimento del paziente.
Queste caratteristiche sono più facilmente ottenute mediante l’utilizzo di schiume in poliuretano ad alte specifiche (superfici reattive utilizzate in genere quando il paziente presenta un basso rischio di sviluppare lesioni da pressione) o da superfici con celle ad aria in poliuretano di alta qualità. Il nylon, altro materiale utilizzato, non risulta essere altrettanto elastico e termosensibile, oltre a non essere confortevole e altrettanto adattabile.
I sovramaterassi attualmente in commercio presentano celle o bolle d’aria in pvc, che non garantiscono le stesse proprietà: il pvc, così come il nylon, non si conformano efficacemente sulla morfologia del paziente, che li percepirà come più rigidi e meno confortevoli, oltre che rumorosi alla mobilizzazione.
Pressione di interfaccia
Le superfici ad aria alimentate da un compressore devono, inoltre, essere in grado di ridurre significativamente la pressione di interfaccia, che comunque deve essere per il 100 % del tempo al di sotto dei 32 mmHg. I dispositivi ad alta tecnologia sono dotati di sensori digitali e pneumatici che rilevano automaticamente peso e postura del paziente ed erogano all’interno delle celle la pressione sufficiente e necessaria al fine di ottenere una pressione di interfaccia adeguata.
I sovramaterassi presenti sul mercato presentano, in genere, un compressore che insuffla aria all’interno delle celle sulla base di un’impostazione manuale del peso da parte dell’operatore sanitario o del caregiver. I livelli di pressione in genere variabili da 1 a 4 comprendono intervalli di peso come segue: livello 1 40-60 kg, livello 2 60-80 kg. etc., nonostante un paziente di 40 kg non abbia le stesse esigenze di supporto di un paziente di 60 kg con il rischio di applicare un’eccessiva pressione sulla cute del paziente e senza tenere conto della distribuzione volumetrica del corpo sulla superficie.
Cover e teli di copertura
Una superficie antidecubito dovrebbe anche avere un telo di copertura (cover) che sia, per le caratteristiche tecniche, partecipe della performance del sistema. Infatti, deve essere biocompatibile, latex-free, anallergico, antibatterico, impermeabile ai liquidi e permeabile al vapore acqueo (per il mantenimento di un adeguato microclima cutaneo - giusta temperatura e giusta umidità), bielastico, capace di minimizzare le forze di attrito e taglio, di adeguate dimensioni rispetto alla superficie per seguirne il profilo delle celle e garantire che il paziente sia immerso, prevenendo l’effetto amaca: teli troppo tesi potrebbero provocare dei picchi di pressione, soprattutto sulle prominenze ossee, e causare quindi ostruzione capillare, e conseguente danno tissutale. In genere, teli di copertura di buona efficacia sono costituiti da miscele di poliuretano e poliestere. I sovramaterassi a bolle d’aria non hanno teli di copertura, mentre i sovramaterassi con celle tubolari sono dotate di teli di copertura in pvc.
Gli studi sullo sviluppo delle LdP e i materassi antidecubito
È stata evidenziata una revisione e metanalisi di rete Cochrane del 2020 che presentava gli scopi sopra descritti e da cui si traggono diverse conclusioni interessanti.
In primo luogo, che sull’incidenza della lesione esistono prove di scarsa certezza che, rispetto alle superfici in schiuma (che sono il trattamento di riferimento), le superfici d'aria reattive (superfici ad aria in modalità statica/bassa pressione continua) (rapporto di rischio (RR) 0,46, intervallo di confidenza al 95% (CI) da 0,29 a 0,75), le superfici ad aria a pressione alternata (attiva) (RR 0,63, IC 95% da 0,42 a 0,93) e le superfici in gel reattivo (ad esempio cuscinetti in gel utilizzati sui tavoli operatori) (RR 0,47, IC 95% da 0,22 a 1.01) possano ridurre l’incidenza delle lesioni da pressione. Non è chiaro, tuttavia, quale sia il trattamento migliore per prevenire l’ulcerazione.
Esistono altresì prove con scarsa certezza che, sempre rispetto alle superfici in schiuma, le superfici ad aria statiche possono ridurre il rischio di sviluppare nuove lesioni da pressione: pertanto, la classificazione in termini qualitativi e di performance di tutte le superfici di supporto per la prevenzione delle lesioni da pressione in termini di tempo di guarigione è incerta.
Per quanto riguarda il rapporto costi benefici, la revisione conclude che c’è una certezza moderata che le superfici attive ad aria alternata siano più convenienti degli schiumati, ma tra le superfici attive ad aria non specifica quali presentino, tra i materassi e i sovramaterassi, il miglior vantaggio.
C’erano inoltre prove con scarsa certezza che un numero maggiore di persone con lesioni da pressione potessero guarire completamente utilizzando superfici d’aria statica rispetto all’utilizzo di superfici in schiuma (RR 1,32, IC 95% da 0,96 a 1,80); tuttavia non vi era certezza, neanche in questo caso, di quali superfici abbiano la più alta probabilità di essere le più efficaci.
Questa panoramica include prove dirette per un confronto sul tempo necessario per completare la guarigione delle ulcere da pressione: le persone che utilizzano superfici d'aria statiche possono avere maggiori probabilità di guarire dalle lesioni da pressione rispetto a quelle che utilizzano superfici in schiuma in contesti di assistenza a lungo termine (RR 2,66, 95% IC da 1,34 a 5,17; evidenza di bassa certezza).
Per tutti questi motivi, la suddetta metanalisi di rete conclude che molto probabilmente, rispetto alle superfici in schiuma, le superfici ad aria statica possono ridurre il rischio di ulcere da pressione e possono aumentare la completa guarigione della lesione, oltre ad essere più convenienti in termini di costo efficacia. Lo stesso vale per le superfici in gel reattivo utilizzate nelle sale operatorie o negli ambienti di assistenza a lungo termine (non meglio specificate).
L’efficacia delle superfici antidecubito per la prevenzione delle LdP
Restano tuttavia incertezze sull’efficacia relativa di altre superfici di supporto per la prevenzione e il trattamento delle lesioni da pressione e sulla loro classificazione di efficacia.
Uno studio osservazionale condotto tra il 2016 e il 2017 ha valutato l'incidenza delle lesioni da pressione (PU) nei pazienti ad alto rischio di PU che giacciono per 15-20 ore al giorno su un sovramaterasso a pressione alternata (APMO). Gli obiettivi secondari erano la soddisfazione del paziente per il comfort dell'APMO, l'accettazione da parte del paziente del suo livello sonoro e la valutazione da parte del team sanitario del suo utilizzo e del livello di umidità su un totale di 83 pazienti, e lo studio concluderebbe che rispetto ai materassi standard si è ottenuta una riduzione dell’incidenza delle lesioni da pressione.
È stato selezionato anche un trial randomizzato controllato prospettico condotto su 110 pazienti, che dimostrava l’efficacia clinica di un sovramaterasso in schiuma viscoelastica per una più bassa incidenza di lesioni da pressione rispetto al posizionamento su un materasso standard.
Un altro studio, condotto su 40 pazienti per un periodo di osservazione pari a 21 giorni, ha posto in confronto due tipologie di superfici, un sovramaterasso e un materasso in schiuma di poliuretano, concludendo che il materasso in schiuma fosse più efficace nella prevenzione delle lesioni da pressione in una popolazione a rischio ed economicamente più vantaggioso.
Conclusioni
Purtroppo, la ricerca non ha messo in evidenza studi significativi che diano indicazioni univoche sull’utilizzo di un dispositivo piuttosto che di un altro: i livelli di certezza delle evidenze disponibili sono insufficienti; spesso il campione è troppo piccolo e il disegno di studio inappropriato; sono presenti diversi bias negli studi sviluppati, dati da differenti setting di cura, diversi protocolli di co-intervento.
Alla luce dei risultati sinora raggiunti, si può affermare che, in base alle esigenze, ai bisogni e alle preferenze del paziente, potrebbe risultare più performante e più vantaggiosa in termini di costo-efficacia una superficie ad aria. Allo stato attuale, non si possono tuttavia fornire indicazioni su quale modalità sia più appropriata tra bassa pressione continua e pressione alternata; inoltre, anche nelle ultime linee guida o tra le evidenze disponibili, non viene fatta distinzione tra un sovramaterasso ad aria e un materasso ad aria, nonostante le differenze in termini di tecnologie e materiali siano significative.
Sarebbero necessari ulteriori studi di maggiore qualità; ad esempio, approfondire il confronto di superfici ad aria in modalità statica e superfici d'aria a pressione alternata, o quello tra l’uso di materassi e sovramaterassi. Gli studi futuri dovrebbero considerare, altresì, i risultati relativi al tempo necessario all’evento.
La ricerca in questo campo dovrebbe porsi il fine ultimo di promuovere la cultura della prevenzione, di garantire uniformità nella gestione del paziente a rischio e delle risorse di prevenzione disponibili, di ridurre l’incidenza delle lesioni da pressione e di migliorare la qualità dell’assistenza.
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