Wound care: la somministrazione topica di ossigeno nella cura delle ferite
L’efficacia della somministrazione topica di ossigeno nella cura delle ferite, in particolare di lesioni croniche come ulcere e piaghe correlate a malattie sistemiche, è un tema che negli ultimi anni ha sollevato grande interesse.
Molte delle conoscenze oggi applicate a questa nuova terapia sono legate agli studi sul metabolismo cellulare di tre scienziati: William Kaelin, Peter Ratcliffe e Gregg Semenza. Il cui lavoro è stato premiato nel 2019 con il Nobel per “la scoperta di come le cellule percepiscono e si adattano alla disponibilità di ossigeno”.
Si tratta infatti di una terapia innovativa ancora poco diffusa e conosciuta, ma che ha fatto registrare a livello clinico ottimi risultati grazie alla risposta cellulare ottenuta mediante la somministrazione di O2 supplementare direttamente sui tessuti della ferita.
Questo articolo approfondisce le potenzialità dell’ossigeno terapia topica, un argomento importante per il Wound Care al quale abbiamo dedicato un precedente intervento.
Ossigeno e Wound Healing: la rigenerazione tissutale
La riparazione dei tessuti richiede un aumento di energia, direttamente collegata alla presenza e all’azione dell’ossigeno a livello locale, la cui diminuzione o mancanza implica un rallentamento o una battuta d’arresto della guarigione delle ferite.
Le complicazioni che possono interferire con una corretta ossigenazione dei tessuti possono essere diverse, in particolare:
- La maturazione del collagene
- La proliferazione dei fibroblasti
- Neoangiogenesi
- Effetto antimicrobico
A livello dei tessuti l’ossigeno svolge infatti un ruolo fondamentale nella maturazione del collagene e nella formazione di nuovi vasi sanguigni, oltre ad esercitare un’importante funzione antibatterica e di controllo della carica microbica.
Ossigenoterapie a confronto: i vantaggi della terapia locale rispetto a quella iperbarica
Tradizionalmente per supplire alla carenza di ossigeno nella cura delle ferite è stata e viene tuttora impiegata la terapia iperbarica. Questa terapia presenta però alcuni svantaggi, innanzitutto si tratta di una terapia intermittente, ovvero può essere sfruttata per 45 minuti ogni 3 giorni, non garantendo quindi un effetto continuo. Inoltre, si stratta di un trattamento sistemico (per inalazione) e che quindi nei casi di malattia sistemica non garantisce un’ ossigenazione della ferita a livello locale. Un altro aspetto da tenere in considerazione sono i costi di questa terapia, ma anche l’impatto sulla vita del paziente e sul suo tempo inevitabilmente legati all’aspetto logistico e organizzativo delle sedute.
In questa tabella sono state sintetizzate e messe a confronto le caratteristiche peculiari dei due trattamenti:
Hyperbaric Oxygen Therapy (HBOT) | Topical Oxygen Therapies (TOT) |
---|---|
Inalazione di ossigeno ad alta pressione e concentrazione | Applicazione di ossigeno sul letto di ferita |
Terapia intermittente | Terapia continua |
Investimento di tempo – denaro – energie | Prodotti e tecnologie semplici e maneggevoli |
Comprovata efficacia in letteratura | Numero ridotto di trial clinici |
Come si può constatare la terapia topica garantisce l’ossigenazione costante e continua a livello locale della ferita. L’ossigeno è infatti fornito da un piccolo apparecchio portatile che non inficia la mobilità del paziente e che gli permette di svolgere normalmente le sue attività quotidiane.
Come funziona? L’apparecchio convoglia l’ossigeno trattato direttamente sul letto della ferita grazie ad una medicazione in schiuma di poliuretano che permette di assorbire l’eventuale essudato, mantenendo la ferita asciutta e garantendo un’ossigenazione ottimale e continua a livello topico.
Il dispositivo ricava l’ossigeno dall’aria ambiente che una volta aspirata viene analizzata (umidità e pressione atmosferica) e trattata tramite idrolisi. L’ossigeno così ottenuto viene quindi convogliato secondo i corretti parametri sul letto della ferita.
Presa in carico globale: il paziente
La guarigione di una ferita cronica non è legata solo a fornire il miglior trattamento locale possibile, ma a prendere in carico il paziente nella sua globalità: la sua storia e il tempo della lesione, le limitazione sofferte, il dolore e la riduzione della mobilità (dovuta allla patologia ma anche all’eventuale terapia), le sue caratteristiche e le sue abitudini, la sua vita sociale e lavorativa.
Un esempio chiaro riguarda le ferite e lesioni in pazienti di età avanzata e caratterizzati da invecchiamento cutaneo. In questi casi in particolare le condizioni della cute non premettono terapie invasive (per esempio sutura) perché andrebbero a peggiorare la situazione della ferita, l’unica soluzione sono quindi trattamenti non aggressivi.
In questa visione allargata, in cui tutti gli aspetti della vita del paziente vengono presi in esame, la diffusione continua di ossigeno topico consente di curare la ferita senza andare ad inficiare la quotidianità e le abitudini del paziente, offrendo una migliora qualità della vita e dei risultati graduali ma evidenti, in grado di incoraggiare il paziente anche a livello emotivo.
Un caso clinico all’ospedale San Raffaele di Milano
Un caso clinico recentemente riportato durante un webinar dalla Dott.sa Giulia Vidotto, specialista in Vulnologia all’Ospedale San Raffaele di Milano, riguarda un paziente affetto da trombofilia in tp con anticoagulante e diabete mellito di tipo 2, fumatore e che presenta cronicità delle lesioni sin dall’età di 14 anni.
Prima della presa in carico il paziente presentava una brutta lesione alla caviglia, con forte quantità di essudato e un dolore che rendeva quasi impossibile la deambulazione. A seguito dell’inquadramento, il paziente è stato trattato con ossigeno terapia locale continuata.
Questo ha fatto sì che in 4-6 settimane si sia potuto registrare un netto miglioramento:
- nell’assorbimento dell’essudato e diminuzione dell’odore
- dei margini della ferita, con appianamento dei lembi
- del fondo della ferita stessa, adesso anche all’aspetto più roseo e sano
- nella gestione della carica microbica, adesso notevolmente ridotta
- nella riduzione stessa del dolore
- nella gestione generale della malattia autoimmune
- nella soddisfazione generale del paziente grazie ai risultati ottenuti
Insomma, anche se non è ancora stata raggiunta la completa guarigione, la terapia locale ha permesso di ridurre e attenuare tutti i sintomi che inficiavano la vita del paziente, con un netto miglioramento della qualità della vita tanto da consentirgli di ritornare a lavoro.
Questo esempio come molti altri portati dalla dott.sa Vidotto, dimostra bene le molte potenzialità offerte dal generatore portatile di ossigeno, grazie a una terapia dal costo ridotto in grado di portare miglioramenti evidenti nella cura delle lesioni, adattandosi perfettamente allo stile di vita del paziente.